L’uomo inventa le cose a sua immagine e somiglianza, applicando ad esse principi di funzionamento mutuati da quelli operanti sul suo stesso corpo e all’interno dei suoi sistemi vitali. Non sembra sfuggire a questa modalità interpretativa nemmeno l’automobile e i suoi pezzi di ricambio che con tutta evidenza mostrano similitudini talvolta sorprendenti con il corpo umano e i suoi meccanismi.
Prendiamo con esempio una parte qualunque di un’automobile, sia essa una parte circoscritta e ben definita come una parte di ricambio, ad esempio l’olio motore, una cinghia, un proiettore, oppure un comparto meccanico o funzionale della stessa automobile, come quello frenante, oppure quello legato all’aerodinamica e all’estetica.
In ognuna di esse è davvero difficile non trovare similitudini fisiche con nostre parti anatomiche e con i principi di funzionamento ad essi legati.
Uomo macchina e confini
Il mondo della pubblicità sembra avere capito da tempo l’esistenza di questo connubio fra natura e tecnologia, e soprattutto sembra abusare abbondantemente dei flebili confini che separano due oggetti apparentemente distanti ma in realtà vicinissimi fra loro, proponendo uomo e macchina in modalità interscambiabile.
Anche gli albori della fantascienza vedevano strane e inquietanti commistioni fra uomo e sistemi meccanici, fino ad arrivare ai giorni nostri dove il sodalizio è ormai un dato di fatto anche al di fuori della finzione letteraria e cinematografica, ma è entrato nella nostra vita quotidiana con forti ricadute pratiche.
A pensarci bene, qualsiasi sistema meccanico, e ormai elettronico, può essere a pieno titolo considerato un’estensione del nostro corpo o della nostra mente. Mani, braccia, gambe e mente possono tranquillamente trovare la propria amplificazione in pinze, leve, fotocellule, fari e mille altre invenzioni.
La personificazione dell’automobile
L’automobile non si sottrae a questo destino amplificativo delle funzioni umane, e nel suo massimo sforzo semplificativo, l’uomo ha coltivato le potenzialità del connubio uomo-macchina riproponendo sull’automobile gli stessi meccanismi che agiscono sui propri sistemi organici.
Qualcuno si stupirebbe se osassimo paragonare l’olio motore al liquido sinoviale che rende fluidi i movimenti delle nostre articolazioni? Oppure se pensassimo al carburante che immettiamo nel motore, come al un cibo di cui ci nutriamo? E se diciamo che una pompa benzina, o una pompa frizione si muovono con le stesse finalità, e talvolta principi, di un muscolo cardiaco, c’è qualche cosa in contrario? E se, anche se attraverso un’immagine brutta da pensare, il sistema dei fumi di scarico di un’autovettura che si snoda in un lungo serpentone intestinale avente il fine di digerire per bene il cibo introdotto, fino a espellerlo nella parte retrostante, ormai inerte e privo di qualunque utilità, lo paragoniamo al nostro apparato digerente, è forse un’esperienza mentale difficile da praticare? Molto probabilmente no.
Giochi infantili per adulti
Questi giochi mentali sono molto simili a quelli infantili, a quelli che i grandi propongono ai bimbi al fine di far loro comprendere il funzionamento di oggetti vari in seguito alle loro richieste pressanti.
Quale genitore non ha mai suggerito al proprio figlio di vedere nella parte anteriore di un’automobile, il viso di una persona? Di trovare un sorriso nella forma del suo radiatore, o un’espressione con occhi che ridono nelle inclinazione dei fari? Nelle forme della carrozzeria, le forme di una persona longilinea o sovrappeso, oppure ancora un paio di orecchie a sventola nell’eccessiva esposizione degli specchietti retrovisori?
Probabilmente nessun genitore si è mai cimentato in questo estremo atto di negazionismo, riconoscendo nella stessa automobile che ha appena acquistato parti e forme di se stesso e della creatura che tiene in braccio, o di quella che ha sposato.
Sarà forse questo il motivo che ci fa amare così tanto le automobili?